MORE SPACE FOR VITAL BONE – Feed back del dr Fabrizio Belleggia.

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“Quando ho riaperto i casi clinici di aumenti ossei eseguiti con Zcore ho avuto la netta impressione che il nuovo osso fosse particolarmente duro senza particolari tracce di granuli. Le indagini istomorfometriche, eseguite sulle mie biopsie dall’Università Clinica di Friburgo, mi hanno confermato una formazione ossea superiore.”

 

D – Dr Belleggia, Zcore® è un materiale eterologo di origine suina che in base ai dati disponibili vanta probabilmente la più ampia porosità, ovvero 88% di spazi vuoti nei granuli “piccoli” (0,25 – 1 ,0 mm) e 95% nei granuli “grandi” (1,0 mm – 2,0 mm). Qual è stata la sua impressione?

R – Dai materiali da innesto si chiede innanzitutto una buona osteoconduttività. Quindi la porosità, ovvero l’effetto scaffold, sono essenziali e Zcore® sembra essere ottimale in questo senso.

D – Qual è la sua esperienza con Zcore®?

R – Quando ho iniziato ad usarlo a fine 2016 la maneggevolezza mi è sembrata ottima ed in linea con i materiali internazionali. L’ho utilizzato in diverse situazioni cliniche, dai siti post-estrattivi agli aumenti di volume. Quando ho riaperto i primi casi la quota dei granuli visibili otticamente era assai modesta e ottimamente integrata in un tessuto duro, più che adeguato per le osteotomie implantari.


Il sito al momento della chirurgia richiede aumento per via sinusale e orizzontale


A 8 mesi il sito riaperto per l’inserimento implantare mostra tessuto neoformato duro e materiale innestato ottimamente

D – Hai quindi voluto una verifica istomorfometrica?

R – Faccio fare spesso delle analisi istologiche, ma per Zcore® ho voluto far eseguire dall’Università di Friburgo le analisi istomorfometriche per verificare esattamente le premesse date dalla morfologia del materiale. I risultati istomorfometrici hanno confermato le impressioni cliniche. Fatto salvo che la quota di osso neoformato varia molto in ragione della morfologia del difetto, nel caso impegnativo qui illustrato la quota di osso neoformato è arrivata ad essere di circa il 16%, dato molto interessante dal momento che in letteratura si trovano valori inferiori per materiali eterologhi simili, come lo studio condotto dalla New York University sul seno mascellare con il 100% di osso bovino deproteinizzato (Bio-Oss), dove dopo un periodo di 6-8 mesi trovarono il 12% di osso neoformato.

D – Come posiziona Zcore® in base alla sua esperienza?

R – Abbiamo altri casi e report istomorfometrici che stiamo organizzando in un lavoro che è nostra intenzione pubblicare. Mi sembra che il rapporto tra spazio tridimensionale disponibile nello scaffold e la formazione di osso vitale abbia molto senso e i nostri report sembrano confermarlo: a una porosità maggiore corrisponde una maggiore formazione ossea forse in modo più che direttamente proporzionale. Certamente servono altri dati ma per ora considero Zcore mi sembra un tessuto eterologo deproteneizzato di scelta.

Guarda un caso clinico completo del Dr. Fabrizio Belleggia

MORE SPACE FOR VITAL BONE – ZCORE®

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Si chiama ZCore® il nuovo innesto eterologo commercializzato da De Ore e Osteogenics Biomedical Inc. (Cytoplast®).

Più spazio per osso vitale

granulo-zcore

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ZcoreTM è un nuovo minerale osseo anorganico con una struttura di carbonato apatite derivata dall’osso spongioso suino.

  • La struttura porosa microscopica e macroscopica di interconnessione supporta la formazione e la crescita di nuovo osso.
  • 88% – 95% di spazi vuoti: l’iperporosità della matrice spongiosa suina e lo spazio tra le particelle facilitato dalla morfologia ruvida della particella riducono la densità della massa dell’innesto permettendo un maggior spazio vuoto per la crescita di nuovo osso.*
  • Con l’origine suina si elimina ogni rischio di trasmissione della BSE.
  • Trattato a caldo con una temperatura ottimale che assicura una grado di cristallinità corrispondente al minerale osseo nativo per consentire il rimodellamento dell’osso di guarigione
zcore-prodotto


  • Un processo di lavorazione brevettato preserva l’interconnesione sia macroscopia che microscopica della struttura porosa.
zcore-sem

Formati disponibili

ZcoreTM granuli 0,25 – 1,00 mm

0.5 cc Part No. ZS050
1.0 cc Part No. ZS100
2.0 cc Part No. ZS200
4.0 cc Part No. ZS400

ZcoreTM granuli 1,00 – 2,00 mm

1.0 cc Part No. ZL100
2.0 cc Part No. ZL200

Highlights dal GBR Symposium

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1gruppodottori

 

Si è svolto a Bologna con grande successo il 2° GBR Symposium. I partecipanti, superiori alle aspettative, hanno apprezzato i contenuti di tutte le presentazioni, tutte di altissimo livello.

I “gibierristi”, come il dr Pistilli ha definito i relatori Italiani, hanno discusso tutti i dettagli della tecnica GBR, dall’anatomia alle diverse modalità di rilascio dei lembi, dalle complicanze fino ai risultati “long term”.

I due relatori esteri hanno mostrato nuove prospettive: un’acclamatissima presentazione di Istvan Urban ha spaziato dai dettagli anatomici alle nuove membrane riassorbirli elastiche Vitala® per le GBR orizzontali fino alle future membrane perforate Cytoplast da usare con i fattori di crescita; il dr Eiji Funakoshi – Giappone – con la tecnica “open barrier” ha mostrato un tipo di GBR che, come ha detto il relatore, può essere affrontato anche dal dentista meno esperto.

Tutti hanno chiesto quanto si terrà il 3° Symposium!

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L’acido ialuronico in parodontologia. Intervista al prof. Andrea Pilloni.

Andrea Pilloni: cattedra di Parodontologia alla Sapienza a Roma, socio attivo SIdP, master in Periodontology a UCLA con una tesi sull’acido ialuronico (HA). Nessuno meglio di lui può esprimere un parere sull’impiego dell’HA in parodontologia e implantologia. L’abbiamo raggiunto via skype nel suo studio all’Università.

D – Prof. Pilloni, Lei ha una lunga esperienza nelle applicazioni parodontali dell’acido ialuronico (Hyaluronic Acid HA) iniziata sin dal 1989 in occasione del suo Master negli USA presso la UCLA. Quali sono i risultati dei suoi studi?

R – Devo ringraziare l’Università della California Los Angeles per aver accettato la mia proposta di ricerca sull’HA. Con il Prof. Bernard, Chairman del Bone Biology Center, iniziammo ad osservare il comportamento delle cellule mesenchimali di derivazione dalla calvaria che andavano in confluenza e si differenziavano in osteoblasti con qualità e tempistica decisamente migliori rispetto ai controlli quando erano associate all’HA. Subito dopo dimostrammo non solo l’attività batteriostatica dell’HA, ma anche di promozione della calcificazione del legamento. E così via via riuscimmo a confermare l’importante ruolo biologico della molecola dell’HA che è presente nell’early healing di quasi tutti i tessuti. Per fare un esempio, i tessuti embrionali e fetali sono ricchissimi di HA, mentre nell’adulto lo si ritrova in quantità davvero esigue. In quest’ultimo l’HA è presente in alte concentrazioni solo nel legamento parodontale e nell’umor vitreo.

D – Ha condotto anche studi clinici oltre alla ricerca di base?

R – Nel 2011 abbiamo pubblicato uno studio randomizzato controllato su 19 pazienti in cui abbiamo dimostrato che l’impiego dell’HA comporta una significativa riduzione dell’infiammazione gengivale rispetto alla sola igiene orale professionale.

D – L’HA può avere applicazioni anche nella terapia parodontale chirurgica?

R – Certamente si, perché ci sono tutte le premesse biologiche, soprattutto grazie alla capacità dell’HA di stabilizzare il coagulo. Questo aspetto è stato dimostrato da molti anni in diversi settori della medicina rigenerativa su riviste ad alto “impact factor”. Purtroppo non è stato ancora dimostrato in odontoiatria con studi randomizzati altrettanto validi, ma sono in corso diversi lavori in merito sia con il mio gruppo alla Sapienza che in altri centri internazionali.

D – In quali indicazioni chirurgiche lo impiega?

R – Come si può vedere dai case report lo utilizzo nella chirurgia parodontale dei difetti intraossei (GTR) e in moltissime chirurgie dei tessuti molli per ridurre i tempi e migliorare la qualità della guarigione delle ferite: ad esempio nella copertura delle recessioni eseguita con varie tecniche e nei siti di prelievo per l’innesto di connettivo.

D – Può essere impiegato anche in GBR?

R – Direi di sì, per le stesse ragioni di cui sopra: stabilizza meglio il coagulo quando è mescolato agli innesti in granuli che vengono sepolti sotto le membrane. Inoltre l’HA è coinvolto enormemente nel processo di guarigione della ferita che è un fattore importante in GBR.

D – Può ridurre il rischio d’esposizione delle membrane?

R – Non abbiamo alcuno studio ma ritengo che si utile stratificarlo sopra la membrana per migliorare e accelerare i processi di guarigione dei tessuti molli. Sottolineo però che si deve sempre trattare di una guarigione per prima intenzione e la membrana deve essere coperta.

 

D – E’ preferibile l’impiego di HA cross–linked o non cross-linked?

R – L’HA “crossed-linked” esercita la sua funzione più a lungo e quindi è più stabile. I vantaggi sono ancora una volta una maggior stabilizzazione del coagulo.

D – L’HA può sostituire l’impiego delle amelogenine in parodontologia?

R – Non ci sono studi comparativi. Ci sono però buone premesse biologiche proprio perché stabilizza il coagulo, cosa che non è una prerogativa della amelogenina la cui applicazione, al contrario, deve essere eseguita in un sito senza sangue.

D – L’HA può sostituire i concentrati piastrinici?

R – Sono cose diverse e non ci sono lavori comparativi sebbene entrambi perseguano gli stessi scopi: migliorare ed accelerare le guarigioni dei tessuti. I concentrati piastrinici sono una “costruzione” di fattori di crescita che non è naturalmente presente nel corpo umano e sono abbastanza indaginosi da preparare. L’HA non è un fattore di crescita, è presente nel corpo umano ed è molto “user friendly”.

D – Che cosa le piace di più nella vita?

R – Mi piacciono le persone che sorridono. (☺: ndr)

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Guarda caso clinico muco gengivale
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La procedura con membrane non riassorbibili è più sicura che in passato?

Dr Fabrizio Colombo

Dr Davide Garganese

Cosa succede se una membrana si espone? La procedura con membrane non riassorbibili è più sicura che in passato?

Le membrane non riassorbibili in PTFE sono riconosciute essere i materiali barriera che offrono i risultati ottimali e più predicibili in termini di volume e qualità dell’osso rigenerato. Tuttavia l’esposizione di membrane non riassorbibili, soprattutto se ad elevata porosità, è sempre stata considerata un fattore che conduceva ad un insuccesso clinico.
Cosa è cambiato con le membrane in dPTFE, a bassa porosità?

Nei mesi scorsi abbiamo già presentato alcuni protocolli disegnati per gestire l’eventuale esposizione accidentale.
Adesso di questi temi ne parliamo in un’intervista a due voci con due bravi clinici della nuova generazione: il dr Fabrizio Colombo di Como ed il dr Davide Garganese di Napoli.

Ecco la loro storia, la loro esperienza clinica e come affrontano le esposizioni. Ce lo raccontano mostrandoci anche due loro casi, complessi e ben condotti, in cui è avvenuta un’esposizione accidentale della membrane in dPTFE Cytoplast.


Quando avete iniziato a impiegare le membrane non riassorbibili?

Dr Colombo: il mio approccio all’utilizzo di membrane non riassorbibili risale a circa cinque anni fa.
Dr Garganese: ho iniziato ad usare le membrane non riassorbibili in PTFE espanso diversi anni fa. Per la verità, all’epoca i risultati non sono stati confortanti e predicibili e, dopo diversi insuccessi, ho abbandonato le membrane in e-ptfe.

Come e perché avete iniziato?

Dr Colombo: i limiti delle tecniche di chirurgia rigenerativa da me utilizzate in passato mi hanno spinto ad avvicinarmi a questa metodica. I casi clinici che presentavano difetti ossei venivano da me affrontati mediante GBR con utilizzo di membrane riassorbibili o ricostruzione con osso autologo in blocchi prelevato in sede intra-orale. Le prime sono indicate per piccoli difetti orizzontali e contenitivi e non consentono di ottenere grandi quote di osso rigenerato soprattutto in casi di difetti tridimensionali, mentre i blocchi sono indicati per casi atrofie più articolate, sono caratterizzati da un’invasività operatoria accentuata e non permettono il posizionamento degli impianti nella stessa seduta della ricostruzione dilazionando i tempi terapeutici.
Dr Garganese: Dopo in miei insuccessi iniziali, sono rimasto però affascinato dai risultati dei maestri, ben documentati in letteratura, ho perfezionato la tecnica ed ho seguito con dovizia di particolari le linee guida delle procedure di GBR, ricominciando ad utilizzare membrane non riassorbibili.

Avete avuto esposizioni?

Dr Colombo: Inevitabilmente esiste una curva d’apprendimento che passa anche attraverso la tanto temuta esposizione della membrana e che, personalmente, ho dovuto affrontare.
Dr Garganese: Oggi, grazie alla meticolosa applicazione di un protocollo chirurgico ed alla corretta gestione dei lembi, le esposizioni delle membrane sono drasticamente ridotte.

In caso di esposizione come vi siete comportati?

Dr Colombo: l’atteggiamento terapeutico dipende dal periodo d’insorgenza dell’evento e dall’entità della superficie interessata.
In caso d’esposizione precoce (entro le prime 3-4 settimane) ritengo che la soluzione migliore sia la rimozione del complesso membrana-innesto ed eventuali impianti endo-ossei posizionati.

Qualora l’esposizione sia tardiva (a 5 mesi come nel caso del caso del poster), consiglio al paziente di tenere disinfettata l’area interessata con CHX 0,2% per evitare l’insorgenza d’infezioni della ferita e permettere così all’innesto di maturare il più possibile; durante la successiva seduta di rimozione della membrana viene valutato lo stato dell’innesto ed asportato l’eventuale tessuto superficiale danneggiato dalla complicanza. Nel caso in cui l’innesto sia immaturo, è indicato collocare delle membrane riassorbibili a protezione dello stesso cercando di garantire una chiusura di prima intenzione della ferita.

Dr Garganese: in passato l’esposizione di una membrana in e-ptfe è sempre stata considerata un problema in grado di influenzare negativamente il risultato di una GBR. Le membrane Cytoplast , costituite di politetrafluoroetilene denso, grazie alla dimensione ridotta dei pori non permettono il passaggio dei batteri, almeno fin quando l’esposizione è lontana dai margini della membrana.
Questo ci permette una gestione dell’esposizione meno drastica rispetto al passato.
Nel caso presentato nel poster l’esposizione è sopraggiunta tre mesi dopo la procedura di GBR , era centrale e lontana dai margini della membrana.
Pertanto ho:

  • posto la pz. sotto copertura antibiotica (1/2 gr. di amoxicillina + ac. clavulanico x 2 al di’)
  • istruito la pz. su come detergere la membrana con clorexidina 3 volte al di’
  • monitorato la pz. con controlli settimanali
  • eseguito rx endorali per verificare che non vi fossero infezioni,al di sotto della membrana, non visibili clinicamente.

Ho mantenuto la membrana esposta per 5 settimane, aspettando l’ulteriore maturazione dell’innesto.
Al primo segnale di flogosi, sono intervenuto per rimuovere la membrana; al di sotto di essa era presente un modesto essudato,al di sotto del quale era presente un tessuto osteoide ancora immaturo, ma ben rappresentato.
Ho posizionato,a protezione, del tessuto neoformato un doppio strato di membrane in collagene a lento riassorbimento e ho suturato i lembi, senza cercare una chiusura per prima intenzione .

In che misura l’esposizione ha influenzato il risultato?

Dr Colombo: ho dovuto affrontare esposizioni che purtroppo hanno compromesso in toto la rigenerazione effettuata costringendomi a un intervento di rimozione, pulizia e successivo rifacimento della terapia dopo un adeguato tempo di guarigione. Fortunatamente mi è capitato di gestire anche casi di esposizioni che non hanno minimamente influenzato il risultato finale dell’innesto eseguito poiché avvenute in fase di guarigione avanzata quando la rigenerazione ha caratteristiche più stabili.

Dr Garganese: nel caso presentato l’esposizione della membrana ha causato la perdita di una piccola percentuale dell’ innesto, che è stato poi rimpiazzato al momento del posizionamento degli impianti.
Minima perdita a carico dei tessuti molli.

Quali sono secondo voi le possibili cause d’esposizione?

Dr Colombo: una probabile causa può essere imputabile a una non corretta gestione intraoperatoria della chirurgia ( dal disegno del lembo crestale alla chiusura ermetica della ferita). Altra possibile causa d’esposizione potrebbe essere riconducibile all’azione esercitata dalle cuspidi dei denti antagonisti (magari leggermente estrusi) che impattano, lesionandoli, sui tessuti della ferita chirurgica rigonfia durante le fasi dell’immediato post-operatorio.
Le esposizioni tardive possono essere causate da eventi traumatici accidentali o dal fisiologico assottigliamento dei tessuti molli durante le fasi di guarigione soprattutto in prossimità dei chiodini o delle viti di fissazione della membrana.

Dr Garganese: la corretta gestione dei lembi è la chiave del successo di una procedura di GBR.
L’appropriata passivazione di un lembo ci permette una chiusura per prima intenzione, libera da tensione.
In questo caso particolare, ho deciso di innestare tessuto molle prima della procedura di GBR, per migliorare qualità e quantità dello stesso; questo d’altra parte ha reso più impegnativa la mobilizzazione del lembo.

 

Ritenete che esista una differenza significativa tra l’impiego delle membrane riassorbibili e non riassorbibili con il rinforzo in titanio?

Dr Colombo: la tecnica chirurgica che contempla l’utilizzo di membrane non riassorbibili rinforzate richiede buona esperienza ed elevate capacità chirurgiche ed è senza dubbio più impegnativa e indaginosa se paragonata a quella eseguita con membrane riassorbibili. Per contro, il vantaggio di tale metodica è di mantenere la stabilità dimensionale nel tempo e consentire all’innesto osseo di maturare senza ricevere insulti nelle delicate fasi di guarigione garantendo risultati soddisfacenti anche in casi di rigenerazione di difetti impegnativi come quelli tridimensionali. Inoltre, il rientro chirurgico consente al clinico di valutare quantità e mineralizzazione dell’osso neoformato, informazioni preziose che permettono di modulare una successiva fase di carico protesico progressivo.
L’utilizzo delle membrane riassorbibili nella mia pratica quotidiana è limitata alla correzione di difetti orizzontali di modesta entità.
Dr Garganese: ritengo che qualora si affrontino rigenerazioni ossee biologicamente impegnative, come i difetti ossei verticali, l’utilizzo del d-ptfe garantisce un effetto barriera di lunga durata , indispensabile per risultati soddisfacenti e che il rinforzo in titanio conferisca una migliore capacità di “space making”.
Personalmente riservo l’utilizzo di membrane riassorbibili per la gestione di difetti ossei meno importanti, o per rigenerazioni ossee di tipo orizzontali.

Che cosa vi piace di più nella vita e nella professione?

Dr Colombo: Dedico gran parte del mio tempo libero alla famiglia, all’attività sportiva e alla mia grande passione per la musica; gli hobbies mi distolgono dallo stress quotidiano che la professione ci impone. L’aspetto che maggiormente mi gratifica dell’attività professionale è la possibilità di interfacciarmi costantemente con i pazienti, le loro esperienze di vita e i loro percorsi differenti, e la consapevolezza di poter aumentare la loro qualità di vita con le terapie odontoiatriche eseguite.

Dr Garganese: Prima di tutto la mia famiglia, ed i miei due figli meravigliosi, con i quali condivido l’amore
per lo sport e per lo sci nautico. La mia professione è per me passione e divertimento, ogni giorno mi suscita nuovi stimoli.

Equimatrix™: nuova confezione in siringa

Il sostituto osseo minerale Equimatrix™  è disponibile anche in una comoda confezione in siringa preconfezionata.

La progettazione della siringa consente una facile idratazione dei granuli con la fisiologica o il sangue del paziente e, grazie ad un’uscita di piccolo diametro proporzionata alla quantità, può essere inserita in ogni cavità.

La versione in siringa di Equimatrix™ completa l’ampia gamma già esistente dei granuli che si presentano in una boccetta che, diversamente da altri materiali similari, può essere facilmente usata come contenitore per la fisiologica o il sangue.

Per le offerte disponibili si invita a chiamare allo 045/6020924 o scrivere a vendite@deorematerials.com

> Guarda le Istruzioni per l’Uso

Nuovo prodotto: Medicipio C, vello in collagene.

Introduciamo un nuovo materiale:

Medicipio® C Collegen Fleece, vello riassorbibile in collagene nativo per una gestione
della ferita dei tessuti molli altamente efficace.

Ha una grande capacità emostatica, un breve effetto barriera e un’ottima capacità di accelerare la guarigione della ferita. Per questo impiegandolo come foglietto, “rollato” o piegato può essere facilmente utilizzato in una molteplicità di indicazioni:

1. Piccole ferite orali 2. Riparazione della membrana di Schneider 3. Siti estrattivi 4. Lembi della mucosa 5. Stabilizzazione del coagulo nei difetti ossei 6. Contenitore degli innesti con breve effetto barriera 7. Siti bioptici.

Clicca qui per maggiori informazioni e le offerte introduttive.