Membrane riassorbibili e non: due esempi di indicazioni del dr Fabio Mazzocco

Casi clinici

Terapia Rigenerativa con Membrana non Riassorbibile.
Dr. Fabio Mazzocco

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Terapia Rigenerativa con Membrana Riassorbibile.
Dr. Fabio Mazzocco

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La scelta clinica tra l’impiego di membrane riassorbibili e non riassorbibili è sempre materia di discussione. La decisione dipende da molti fattori tra cui la morfologia del difetto, i rischi d’esposizione, la confidenza dell’operatore con le une o le altre. Ne parliamo con il dr Fabio Mazzocco di Padova,  giovane clinico nostro cliente che condivide con noi due casi clinici esemplificativi.


D – Dr Mazzocco, è ancora necessario l’impiego delle membrane in PTFE non riassorbibili?

Un famoso filosofo americano Abraham Maslow ha detto: ”Se tutto quello che abbiamo è un martello ogni problema inizierà ad assomigliare ad un chiodo ….” E’ indubbio che vi siano a nostra disposizione membrane riassorbibili molto più semplici da utilizzare, ma quando dobbiamo trattare difetti critici non contentivi molto severi (verticali o orizzontali) vi è la necessità di membrane più rigide in grado di mantenere lo spazio all’interno del quale avverrà la rigenerazione ossea. Senza le membrane in d-PTFE certi difetti non sarebbero altrimenti trattabili con successo.

D – Le membrane riassorbibili sono tutte uguali?

Le membrane riassorbibili, seppur si presentino molto simili tra di loro, in realtà possono essere molto differenti. Quelle più diffuse sono quelle in collagene e tra queste si distinguono due grandi gruppi: quelle in collagene non intrecciato e quelle in collagene intrecciato. Le prime solitamente sono leggermente più maneggevoli, ma allo stesso tempo hanno un tempo di riassorbimento più rapido di circa 8 settimane. Quelle in collagene intrecciato – cross linked come le RTM Collagen – sono leggermente più rigide ed hanno un tempo di riassorbimento molto più lento, di circa 6 mesi, che le rende le membrane di scelta per il trattamento di severi difetti ossei pre o peri-implantari.

D – È necessario l’impiego di sostituti ossei?

L’impiego di sostituti ossei è sicuramente molto importante. La mia scelta verte quasi sempre su una combinazione di un osso eterologo deprotenizzato ed un osso omologo (FDBA). Il primo, avendo un tempo di riassorbimento molto lento, garantisce una ottima stabilità tissutale nel tempo; il secondo, riassorbendosi maggiormente, conferisce una maggior percentuale di osso vitale nel tessuto rigenerato. Non ho ancora utilizzato enCore™ Combination Allograft ma il razionale di combinare osso mineralizzato e demineralizzato nella stessa confezione mi sembra abbia senso.

D – Lei ha un background negli USA. Cosa si è portato in Italia di particolare (in merito alla GBR)?

Aver frequentato un programma triennale di paradontologia presso la TUFTS University di Boston ha veramente cambiato la  mia vita, non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano… Per quanto riguarda la GBR, la formazione statunitense mi ha aiutato più di tutto a sviluppare una forma mentis basata sull’evidenza scientifica e sulla reale comprensione di quello che facciamo. Mi piace definire il nostro lavoro “un’arte basata sulla scienza”: se non conosciamo la scienza possiamo ripetere meccanicamente quello che vediamo, ma faremo sempre molta fatica a comprendere le ragioni dei nostri successi e dei nostri fallimenti e quindi non riusciremo mai a migliorarci.

D – Ha visto differenze tra l’impiego di membrane tra gli USA e l’Italia?

Ormai il mondo è così globalizzato che quello che viene fatto in America molto rapidamente si diffonde nel resto del mondo e viceversa… La gran differenza è nel processo formativo; l’attività educativa in America si basa in gran parte sull’aspetto pratico. Nei tre anni di programmi, quasi quotidianamente eseguivamo interventi di chirurgia rigenerativa, inizialmente a stretto contatto con i nostri professori  e poi sempre più autonomamente. Il fatto che nel corso fossimo in 6 è stato fondamentale per il confronto costruttivo e la condivisione dell’entusiasmo dei professori.

D – I corsi e i congressi di chirurgia sono frequentati più dagli over 50 che dai giovani come lei… 

L’ho notato anch’io. L’entusiasmo e la passione che tanti giovani hanno dovrebbe essere esaltata e anche le aziende dovrebbero contribuire in questo senso, magari con iniziative specifiche.

D – La membrana Cytoplast® l’ha conosciuta prima in America e poi in Italia. Che impressione ne aveva avuto?

La mia esperienza nell’utilizzo di membrane non riassorbibili è iniziata con le Gore poi affiancate dalle Cytoplast®. Mi sono subito trovato molto bene, la maneggevolezza è ottima del tutto simile a quelle della Gore col vantaggio però che nei casi di esposizione che ho avuto con le Cytoplast® la risposta tissutale limitrofa all’area di esposizione è stata migliore con una minima risposta infiammatoria.

D –  Ci svela un piccolo segreto chirurgico? 

DIVERTIRSI!! Il nostro lavoro è bellissimo, è uno stimolo quotidiano! Ogni giorno ci mettiamo alla prova ed aiutiamo i nostri pazienti. Se non ci divertiamo lavorando ogni giorno sarà un routinario “taglia e cuci” e non riusciremo mai a raggiungere risultati ragguardevoli. Documentare i casi e confrontarli con i colleghi ci aiuta enormemente perché ci permette di valutare molto criticamente il nostro lavoro prendendo continui spunti per migliorarsi.

D – Cosa le piace di più nella vita?

Sono un entusiasta e dunque faccio fatica a darle una risposta univoca… In generale mi piace la positività, l’entusiasmo e l’impegno di chi garbatamente cerca di dare un piccolo contributo per migliorare quello che lo circonda.